Brandisi! – Analisi soft sui soft drink.

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Quanto dipendiamo dalle bibite gassate, dai drink colorati e pieni di bollicine?

Tanto.
Perché sono dolci, zuccherini, zuccherati, caramellosi, esotici, persino dietetici. Insostituibili, in alcuni casi. (“Dolci” l’ho già scritto?)

Ricercatori e scienziati consumano la loro vita nei laboratori dei grandi marchi del food’n’beverage per trovare sempre un accento diverso, un sapore nuovo, un profumo goloso alla bibita. Potrebbero concentrarsi sulla cura del cancro ma no, non lo fanno. La Coca paga di più.
Tanto si muore tutti, prima o poi.

Così, mi viene da chiedere: quante Cole conosciamo?
E di quante abbiamo ancora in mente il sapore, ma non troviamo più in commercio nemmeno una lattina?
Facciamo allora una panoramica, per ricordare insieme i soft drinks che ci hanno fatto prudere il naso fin dal primo sorso, ruttare beatamente, ci hanno solleticato l’appetito o, più semplicemente, fatto digerire una pizza gommosa.

Coca Cola.
Lei. L’unica. L’inimitabile. Il benchmark di riferimento.
Alcuni (me compreso) dicono che la ricetta sia cambiata da quella degli anni ‘80-‘90. Ora forse sa più di limone. Ma rimane la bibita per eccellenza, quella che chiedi al bar, quella che trovi al ristorante, quella che sicuramente comperi da portare alla festa di compleanno di un amico. Per non fare figure di merda con le sottomarche.

Si può personalizzare la lattina della Coca col proprio nome. O nomignolo. O nickname. Ma questa è già storia, ormai.
Si ricordano anche:
Coca Senza Caffeina: insulsa.
Coca Light: alla fine, ti fa venire il vomito.
Coca Zero: ricetta geniale. Ma lo zucchero, in fondo, ti manca.
Coca Cola Life: Ultima nata in casa Coca Cola. Tutto uguale, cambia l’etichetta (verde): l’unica vera svolta dalla ricetta classica. E non ditemi che è più naturale perché non ci credo.

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Pepsi Cola.
L’eterna seconda.
Molto dolce, forse troppo, dicono alcuni. Per quanto abbia cercato di sfondare il mercato con pubblicità spettacolari e testimonial d’eccezione, dopo essere stata la responsabile del parrucchino di Michael Jackson e del rilancio di Britney Spears, non ce l’ha fatta. Almeno, in Europa.
Si ricordano anche:
Pepsi Light: mai provata. Leggera è anche la voglia di testarla.
Pepsi Twist: il canto del cigno. Se l’aroma non va, tu aggiungici il limone. Trucchi del medioevo per coprire i sapori che non piacciono.
Pepsi Boom: senza caffeina. Non so perché si chiami “Boom”, dato che non ha mai fatto il botto.

E, attenzione, la Crystal Pepsi!
Mai giunta in Europa, la Crystal era la Pepsi senza caffeina con un sapore nuovo e più fresco, solo per il mercato americano. No, mettete giù le valigie: la produzione si è interrotta alla fine degli anni ’90 perché “non vendeva”. I maggiori social network sono pieni di nostalgici che la rivorrebbero. Hanno tentato persino un rilancio negli Usa ma tutto si è risolto in un misero Deja-Vu.

Ecco un’imbarazzante long version dello spot della Crystal Pepsi (anno 1993). Baywatch è dietro l’angolo:

Poi, ci sono le “bianche”:

Sprite.
Proprietario: Coca Cola. Una volta era buona. Adesso ascolta troppo la mia sete. E non si fa i cazzi suoi.

SevenUp.
Proprietario: Pepsi Cola. Rimane la migliore, sia come gusto che come brand. Tutti la amiamo. Sembrava sparita con gli anni ’80, ed invece…

Le aranciate:
Fanta.
La leader. In tutte le sue versioni: amara, rossa, verde, ecc…

Slam.
La Fanta della Pepsi, praticamente. Il suo nome nasce dal suono che hanno fatto le porte del successo quando l’hanno vista entrare nel mercato mondiale.

La San Pellegrino e mille altre. Tutte con più o meno succo di arancia.
A me sembra sempre di bere la tachipirina, quindi non proseguo nell’analisi.

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Per finire, le eroine:

Ben Cola.
Ma chi se la ricorda? Cazzo, darei il rene destro per riassaggiarla (anche perché il sinistro l’ho perso bevendola). Ogni tanto si trova ancora nei discount. Rendiamo giustizia ad un soft drink che ci ha fatto crescere forti e risparmiare i soldi sulla spesa del supermercato.

Mediolanum Cola.
Pare che fosse il tentativo di Berlusconi di conquistare anche il mercato dell’Alimentare. Fallito.
Se è così, sono contento.
Ma se ciò non fosse vero, potrei piangere. Un altro pezzo di storia che non c’è più!

One-O-One.
Nemmeno le comparsate studiate nelle puntate dei Ragazzi della 3C l’hanno salvata dall’oblio. E’ sparita come neve al sole. Di cosa sapeva? Di chinotto?

Virgin Cola.
Non pervenuta.

Spuma e Spuma Rossa.
Bivio: se la ordini al bancone della bocciofila, sei un figo. Se la metti nel carrello, sei uno sfigato. Punto.

Ne mancherebbero altre, ma basta così.
Era giusto un assaggio.

Lutile
Questo post è stato pubblicato anche su Poporama.it, un blog che rinascerà. Prima o poi.

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la copertina

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6 risposte a Brandisi! – Analisi soft sui soft drink.

  1. Gio ha detto:

    Per la San Pellegrino, almeno nella sua versione “amara”, avrei da ridire sul gusto che è eccezionale, ma d’altronede ognuno ha il suo.
    Inoltre dovresti assaggiare la cola dell’Esselunga che anche lei, bhe… dice la sua!
    PS Coca-Cola è l’unica legalmente autorizzata a fregiarsi del nome “coca” dall’omonima piantina: le altre son solo cole

  2. Daniela Montieri ha detto:

    Ma capito la differenza tra light, zero, senza caffeina e – sospetto, ma non l’ho mai provata – anche life. Non sono una fan dell’aspartame in barattolo. Se uno si deve sfondare lo stomaco lo deve fare seriamente con la sola, vera, unica coca cola.

  3. Ma la Ben Cola è prodotta da San Benedetto? Comunque mi spiace ma manca una citazione per la gassosa (o gazzosa) italiana (varie marche per esempio Paoletti, Albanesi ecc) che è molto meglio delle Sprite o simili! Un quarto di vino e una gazzosa, è storia!

  4. 1 Little Indian ha detto:

    wow, pensavo di essere l’unico estimatore della 7UP …. ma davvero si trova ancora?
    potrei rientrare nel tunnel…

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