
E di antichi romani.
L’avevo vista per la prima volta su Facebook, postata da chissà chi.
Mi aveva fatto ridere parecchio così l’avevo cercata in rete alla risoluzione massima e l’avevo pure stampata. L’intento era quello di appenderla al muro accanto alla mia postazione in agenzia: così, tanto per ridere.
Era la locandina di Twin Peaks a cui un genio aveva sostituito la scritta del cartello con Codogno, usando la stessa font.
Era Febbraio.
Sembrava tutto così assurdo, a metà strada tra paura e nonsense. Proprio come nella serie di David Lynch.
Era Febbraio, dicevo, e si rideva un sacco.
Da Wuhan a Codogno, in un salto incredibile di migliaia di chilometri con il nulla in mezzo.
(Si scoprì solo dopo che molte nazioni non comunicarono subito i propri dati o semplicemente non ritennero indispensabile fare delle analisi: ormai il caso Codogno c’era ed “era lì per restare”.)
Era Febbraio.
Le mascherine non erano obbligatorie, non se le metteva nessuno per uscire di casa. Ci si continuava ad accalcare in metropolitana e si sbuffava rassegnati. Più che altro, per il perenne ritardo e le condizioni disumane dei mezzi pubblici alle 8 e 30 del mattino.
Il virus non c’era. Non era vero. Non poteva essere. Non a Milano, per lo meno.
Diamine, “Milano non si ferma!”. L’aveva detto anche il sindaco! Eh, cazzo ti fermi a fare?
Era Febbario.
Un trio di yuppies rampanti (si, hai letto bene) sui trent’anni salirono una sera sulla verde, la M2, all’altezza di Cadorna.
Io stavo tornando a casa ed ero stanco morto. Ma loro erano a mille. Ridevano e scherzavano come ragazzini. Poi si concentrarono su una signora che indossava la mascherina. L’unica. La prima in tutta Italia, probabilmente: sembrava un alieno, sotto certi aspetti.
I tre giovani cominciarono a deriderla sottovoce, come si fa a scuola con il professore anziano quando si è convinti di essere più furbi e brillanti.
Uno di questi neoassunti le tossì addosso per scherzo, fingendo di schiarirsi la voce.
La signora con la mascherina non reagì minimamente, dando ai tre stupidi la migliore delle risposte.
Il divertimento era finito subito.
Ce ne accorgemmo poi tutti, il mese successivo.
Mascherine, distanziamento, lockdown, smartworking e infine i brief delle agenzie che volevano cavalcare l’occasione covid.
Sono finiti in rete filmati tutti uguali sulla potenza degli abbracci, la mancanza degli abbracci, la bellezza degli abbracci, la preziosità degli abbracci che manco la Mulino Bianco.
Una nuova coscienza sociale, un dovere morale da parte dei brand di partecipare alla corsa di sensibilizzazione della popolazione. I governi per mesi sono stati inutili. Se non ci fossero state le campagne su Facebook e i video su YouTube, probabilmente saremmo morti tutti o peggio: non ci saremmo accorti di nulla.
Grazie Marchio onnicomprensivo di prodotti per la casa! Grazie Brand per la prima colazione! Grazie Compagnia telefonica! Conte può accompagnare solo, con le sue dirette in ritardo.
Il 2020 sta spegnendosi e il suo valore si sta esaurendo.
Il 2021 sarà un anno che varrà: potrà quindi essere un anno con un valore unico, non soltanto perché permetterà alle agenzie che hanno cavalcato il trend, di battere cassa iscrivendo a tutti i premi possibili e immaginabili il frutto dei loro Real Time.
Il 2021 deve essere prima di tutto un anno che ci insegnerà di nuovo a stare vicini, a fidarci gli uni degli altri, a collaborare per davvero e ad affrontare la realtà, riprendendo tutti quei discorsi interrotti bruscamente per via dell’emergenza.
Dovremo ristabilire i rapporti fra di noi per tornare ad essere uniti. E non parlo di come organizzare le videocall.
Intendo dire che sarà nel nostro interesse ricostruire al più presto la capacità sociale, l’abilità di stare vicini e capirsi per davvero.
Perché anche se unito dalla tecnologia, un popolo diviso resta debole, controllabile, fragile, insicuro e può essere convinto di tutto. Persino che nulla sarà più come prima.
E in questa sottile confusione, in questa nebbiosa realtà dove nessuno potrà capire mai davvero cosa prova il suo vicino, avrà sempre potere su di noi chi invece ha una visione totale della situazione, un piano chiaro che può riscrivere a suo piacere, senza che nessuno abbia la lucidità di correggerlo.
Cesare: “Divide et impera…!”
Soldato: “Come ha detto, Generale?”
Cesare:”No, niente… stavo buttando giù due righe per una versione di latino di quinta ginnasio…”
Soldato: “Signore… non capisco.”
Cesare: “Lo so, Faustus. Per questo tu sei un legionario semplice mentre io sono il Generale.”
Soldato: “Mio Cesare, ma io sono Claudius…”
Cesare: “Bene, Faustus… Andrà tutto bene. Anzi, #AndràTuttoBene. Con un hashtag. Tiè.”
Soldato: “Signore…?”
Cesare: “Non fare troppe domande Faustus, o come satiro ti chiami… Alea iacta est.”
Soldato: “Mio Signore… io ho fatto l’istituto tecnico: ho studiato il gallico e il germanico fino al terzo anno, ma solo perché era l’indirizzo sperimentale. Mi spiace…”
Cesare: “Ce l’hai Feisbuus (quarta declinazione)?”
Soldato: “No, c’è mia Mater e così mi sono levato io. Ma sono su TikTok ora, nel caso volesse…”
Cesare: “Ecco, bravo: trova una bella ricettina per il rancio di stasera, va’… E Instagram (accusativo)?”
Soldato: “Sì sì certo.”
Cesare: “Bene, allora contro i Galli, io e te Faustus, domani faremo la storia! Anzi, siccome combatterai tu, la farai tu! Poi mi tagghi: @TheRealCaesar. Intesi?”
Lutile